“Il raggiungimento di un cessate il fuoco complessivo è al primo posto per smettere di contare il numero di morti e distruzioni nella Striscia di Gaza”, ha detto il consigliere per gli Affari internazionali della Palestina Riyad Malki sintetizzando ciò che è al centro della prima giornata della X edizione dei Med Dialogues (25-27 novembre) promosso da Farnesina e Ispi. In mattinata il saluto in presenza del presidente della Repubblica Sergio Mattarella.
Focus sul Mediterraneo e sui fragili equilibri intorno all’area con almeno due guerre che proseguono ai confini d’Europea. I Med Dialogues di Roma si confermano occasione di scambio e incontro.
“La soluzione dei due Stati è un compromesso, un compromesso fatto di una giustizia parziale ma se vogliamo invece parlare di una giustizia piena allora dobbiamo dare ai palestinesi il diritto al loro Stato in tutta la Palestina ma se consideriamo il 22% di quel territorio cioè la Cisgiordania, la Striscia di Gaza e Gerusalemme è solo un compromesso”, ha aggiunto ai nostri microfoni Malki.
“Dobbiamo concentrarci anche su come portare l’assistenza umanitaria più necessaria, provvedendo ad abitazioni adeguate per far fronte all’inverno, pensando anche all’istruzione dei bambini che devono recuperare i giorni scolastici persi”, ha proseguito l’inviato palestinese.
Sul nuovo assetto Usa, “il Trump 2 Potrebbe prendere decisioni diverse. Ha fatto favori a tutti, e questo è il risultato. Un altro Trump potrebbe sorprenderci. Aspettiamo le sue prime decisioni”. Sul ruolo dell’Unione europea, Malki ha invece fatto riferimento al supporto economico significativo fornito all’Anp.
Tuttavia secondo Malki “Netanyahu è l’unico ostacolo al cessate il fuoco, non è interessato, come al rilascio degli ostaggi e alla pace della regione. Netanyahu vuole prolungare ed estendere la guerra” per interessi personali, ha aggiunto. “Probabilmente ci sarà un cessate il fuoco in Libano per i bombardamenti giornalieri sulle città israeliane, ma è brutto che l’unico modo per averlo sia lanciare bombe. A Gaza la situazione è diversa”, ha concluso Malki.
Riyad Malki ministro esteri Palestina ai Med Dialogues Ispi di Roma 2024 (Med – Ispi)
Ventotto i ministri degli Esteri per la Conferenza a favore di un dialogo tra i paesi mediterranei, preceduto dal saluto del ministro degli esteri Antonio Tajani che concluderà i lavori il 27.
La parola a Ayman Safadi, vice primo ministero e ministro degli Affari Esteri e degli Espatriati, Giordania; Badr Abdelatty, ministro degli Affari Esteri, Egitto; Ahmed Aboul Gheit, segretario generale, Lega Araba; Taher al-Baour, ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, Libia; Abdallah Bou Habib, ministro degli Affari Esteri e degli Espatriati, Libano e l’inviato speciale dell’Anp e consigliere per gli esteri della Palestina, Riyad Malki. Nessun rappresentante istituzionale israeliano.
Altri 18 sono a Fiuggi per il contestuale G7 ospitato dal Governo italiano. Centinaia i giornalisti accreditati, rappresentanti istituzionali, esperti, analisti. A Roma orecchi e occhi puntati su possibili soluzioni al conflitto in Medioriente.
Il ministro degli esteri egiziano Badr Abdellatty ai Med Dialogues Roma 2024 (Rainews)
“La storia non è cominciata il 7 ottobre 2023, ma le radici di questa sofferenza risalgono al 1948. Vanno affrontate altrimenti non ci sarà una pace durevole e una stabilità per palestinesi, israeliani e per l’intera regione”. “E’ necessario riflettere bene su questo, ma non può esserci una soluzione militare, solo una soluzione improntata al dialogo” ha detto il ministro degli Esteri egiziano, Badr Abdelatty, suscitando l’applauso della plenaria gremita di addetti ai lavori.
Un lavoro diplomatico “sodo” con gli altri mediatori di Usa e Qatar per un cessate il fuoco globale, il rilascio degli ostaggi israeliani, di alcuni detenuti palestinesi e per la consegna degli aiuti umanitari e sanitari a Gaza. Tuttavia, per arrivare a una soluzione ci vuole la “volontà politica delle due parti. Ma quando arriva il momento della verità c’è sempre una delle parti che si tira indietro. È molto frustrante. C’è chi si considera sopra la legge e gode di impunità. Nel 2024 non è accettabile”, ha rimarcato Abdelatty.
La sala stampa dei Med Dialogues Roma 2024 (Rainews)
E prosegue l’egiziano “c’è una “linea rossa invalicabile: i palestinesi non dovranno lasciare il proprio paese, costretti a spostarsi in Giordania, in Egitto o altrove. Non c’è alcun motivo per costringerli a lasciare la propria casa”. Ad ogni modo, guardando al futuro, ci dovrà essere una “road map politica chiara su chi fa cosa”, ma “saranno i palestinesi in primis a doversi fare carico della propria sicurezza, anche col supporto di altri paesi che potranno dispiegare le proprie truppe, ma a condizioni altrettanto chiare”. E sulla situazione in Libano: “Noi siamo per il rispetto della sovranità degli Stati compreso il Libano ed è per questo vogliamo fermare l’aggressione in Libano che è uno stato arabo”. Parole chiarissime in riferimento anche a quanto potrà fare l’Onu, con ogni eventuale complicazione.
E a proposito Beirut condanna gli attacchi al contingente italiano Unifil dice il Ministro degli esteri libanese Abdallah Bou Habib intervenuto subito prima.
A margine si è discusso anche dell’ultima decisione da parte del governo israeliano di sospendere qualsiasi tipo di pubblicità statale sul quotidiano Haaretz. “Un tentativo nel fare pressione sui media e sulla società civile, tipica del governo attuale, mostrata anche nei confronti dell’emittente Al Jazeera e a danno di chi vuole assumere una coscienza critica rispetto al governo” ha detto ai nostri microfoni Dahlia Scheindlin analista del noto quotidiano israeliano di orientamento progressista e liberale.
“Un tentativo di mettere a tacere un giornale critico e indipendente”, fondato nel 1919 e ora edito da Amos Schocken, imprenditore 79enne, contestato di recente per aver definito i militanti palestinesi “combattenti per la libertà” e per aver sostenuto la necessità di indagare abusi commessi dalle forze armate di Israele sia nella Striscia di Gaza che in Libano.
Le ragioni del governo sono state esplicitate dal ministro della Comunicazione Shlomo Kar’i. “Non possiamo permettere”, ha sostenuto il dirigente, “che l’editore di un quotidiano riconosciuto chieda di imporre sanzioni contro lo Stato di Israele e supporti i suoi nemici nel pieno di una guerra e che sia poi da esso finanziato, mentre gli organismi internazionali minano la sua legittimità e il suo diritto all’autodifesa e adottano sanzioni contro di esso e i suoi dirigenti”.
Il riferimento è alla richiesta di arresto da parte della Cpi Corte penale internazionale nei confronti di Netanyahu e dell’ex ministro alla difesa Gallant per presunti crimini di guerra e contro l’umanità commessi a Gaza in cui la procura dell’Aia contesta in particolare l’uso della fame come arma di conflitto, l’ostacolo all’assistenza umanitaria e gli attacchi “intenzionali” contro la popolazione civile.
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