Si è tenuta venerdì 22 novembre la prima riunione della neo-eletta Sezione di Prodotto Lattiero-casearia di Confagricoltura Piacenza. È infatti attualmente in corso l’articolato iter di rinnovo cariche dell’associazione. Molte le conferme della sezione che ha rinnovato la fiducia al suo presidente Alfredo Lucchini, attualmente anche presidente della sezione di prodotto regionale e noto allevatore di Calendasco. Vicepresidente è stato nominato Paolo Cavanna socio della Società Agricola Casa Bianca di Besenzone.
Diversi i temi all’ordine del giorno. Il mercato affronta un momento tutto sommato positivo con la domanda di prodotti lattiero caseari a livello mondiale che si mantiene vivace, in crescita in media dell’1,8% fra gennaio e agosto 2024 rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente (dati Calal). Crescono gli scambi globali di formaggio (+8,1% nei primi otto mesi del 2024) e della crema (+5,8%). L’Asia e, in particolare, il Sud-Est Asiatico continuano a rappresentare un driver significativo per il commercio internazionale. La Cina, invece, ha segnato una flessione significativa delle importazioni fra gennaio e settembre 2024, con un -21% tendenziale, che ha colpito anche l’export dall’Unione Europea di latte e polveri (con poche ripercussioni sul mercato per il concomitante calo della disponibilità di latte nel bacino Ue). Venendo al bacino locale, le produzioni sostanzialmente stabili e la domanda positiva dovrebbero mantenere i prezzi del settore lattiero caseario sui livelli attuali.
Il positivo momento dei formaggi a pasta dura, in particolare del Grana Padano si ripercuote con benefici effetti sui fortunati conferenti della filiera, che come noto costituisce un’isola felice anche nei momenti difficili. “I mercati sono tonici tant’è che anche le quotazioni del latte spot evidenziano che non ci sono esuberi, ma le aziende sono ancora troppo sotto pressione per i costi gestionali, delle materie prime e degli investimenti. In più, per permangono irrisolti i problemi strutturali – ha rilevato Lucchini -. I produttori che conferiscono ai caseifici che hanno le quote produttive di Grana Padano – sottolinea Lucchini – sono privilegiati perché beneficiano di quotazioni molto alte per il latte destinato a questa trasformazione. La politica di crescita delineata dal Consorzio di tutela c’è, ma è da sempre prudenziale (direi protezionistica) e la Dop, pur esercitando un effetto traino, non riversa i benefici su tutti i produttori di latte del bacino, come dovrebbe essere. Le quote produttive saranno incrementate, a beneficio di chi già faceva parte del Consorzio e con un meccanismo che comunque penalizza chi possiede meno diritti a produrre. C’è poi tutto il tema del latte atto a diventare Grana che viene venduto come latte alimentare: ciclicamente si presenta il collo di bottiglia delle quote che va a deprimere le quotazioni del latte fuori dal circuito. Una filiera matura e una politica dei prezzi condotta in modo sapiente dovrebbero essere in grado di stabilizzare i mercati nel corso del tempo non solo a livello di Consorzio, ma di bacino produttivo”.
Ancora vivido è l’incubo degli anni trascorsi con il latte quotato a 28 cent/litro costati la chiusura di diverse stalle. “Una stalla chiusa non viene riaperta. Anche se un certo grado di ristrutturazione fa parte dei cambiamenti in corso nell’economia generale, dobbiamo continuare a difendere l’indipendenza delle nostre imprese – ha condiviso Lucchini – la libertà passa attraverso la molteplicità. Parallelamente, è doveroso lavorare ancora affinché i produttori di latte si organizzino in modo più strutturato approcciando i mercati in modo organizzato per poter avere più peso contrattuale. Continueremo a contestare la chiusura allo sviluppo e ai nuovi produttori esercitata dalla Dop del Grana Padano pur di consentire alti livelli di remuneratività a chi già appartiene alla filiera”. Sullo sfondo si palesano incognite: le tensioni geopolitiche, i costi dei trasporti (anche in seguito ai conflitti), le politiche internazionali di alcuni Paesi chiave come gli Stati Uniti, in questa fase con un dollaro forte sull’euro e un nuovo corso politico proiettato a sostenere i produttori e le filiere locali. A questo si aggiungono gli eventi climatici estremi e la volatilità dei mercati di cereali e semi oleosi.
“Fa specie – incalza Lucchini – che chi ha impostato un’intera politica commerciale sul protezionismo e sul dumping sia ora preoccupato dei possibili dazi che il nuovo presidente degli Stati Uniti sembra volter introdurre per favorire le produzioni di formaggi americani similari alle nostre Dop. Per fortuna, il Consorzio ha investito sull’export negli anni passati, dato che il mercato nazionale è strutturalmente stagnante con la popolazione che non cresce e i consumi alimentari che, riflettendo i flussi migratori, tengono sempre meno in considerazione le nostre tradizioni. La preoccupazione sui dazi oggi è condivisa e condivisibile. Ad ogni modo – conclude il dirigente di Confagricoltura Piacenza – la Sezione riavvia da subito la sua operatività. Sentiamo il peso del giudizio di un’opinione pubblica che giudica il settore in conseguenza a campagne mediatiche pilotate. Lavoreremo, anche se sappiamo che è una battaglia ad armi impari, per comunicare la verità sul valore dei nostri allevamenti. Le nostre aziende sono un valore per l’ambiente e non una fonte d’inquinamento, i nostri animali sono il nostro capitale più prezioso e come tale accudito e le nostre produzioni svolgono un compito centrale nella fornitura di alimenti fondamentali per una corretta alimentazione. Chiederemo alla politica che ci supporti a veicolare questi messaggi e che lavori alla riscrittura delle normative: oggi un articolato disposto con il quale si ingessano le aziende sino ad immobilizzarle, come più volte peraltro sottolineato da Confagricoltura Piacenza”.
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